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CAIVANO: Centro storico, per motivi tecnici, si ritarda l’avvio dei lavori in Via Don Minzoni

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CAIVANO: Era previsto per il 19 Luglio scorso, l’avvio dei lavori del rifacimento della rete fognaria e manto stradale di Via Don Minzoni, anche questi appartenenti al 1° stralcio dei lavori di rivalutazione del centro storico di Caivano. Da fonti attendibili, si apprende che il motivo del ritardo è dovuto al protrarsi della fine dei lavori in Via Mercadante poiché, sono stati riscontrati seri problemi alla rete idrica, in quanto fatiscente e di antica manifattura, in alcuni tratti sono stati redatti ordini di servizio appositi, che obbligavano la ditta esecutrice dei lavori di sistemare con tubazioni nuove le parti inutilizzabili e portare la rete idrica di Via Mercadante ad un’equa distribuzione del flusso d’acqua, in modo da soddisfare tutte le esigenze dei residenti, ovviando anche al problema della mancanza d’acqua che avevano i cittadini residenti agli ultimi piani della stessa via.

All’inizio degli scavi di Via Mercadante si è subito resi conto che la rete fognaria fatta da “spallette” in muratura, era già crollata da diverso tempo, permettendo così alle acque reflue di penetrare nelle fondamenta degli edifici adiacenti, stessa situazione si prospetta anche per Via Don Minzoni che, come da computo metrico era già previsto il rifacimento della rete fognaria ma che molto probabilmente si dovrà mettere mano anche alla rete idrica che a quanto pare ha la stessa età di quella di Via Mercadante, lavori quest’ultimi non contemplati nel computo metrico.

La domanda che si devono porre i cittadini caivanesi è la seguente: se in due strade così piccole si sono avuti tanti problemi, come mai in strade ancor più antiche ma non sorvegliate dalla cittadinanza attiva, si è tutto fatto in fretta, nell’assoluto silenzio e senza alcun problema?

La risposta la ritroveremo presto nelle indagini che sta portando avanti l’ANAC e la procura della repubblica, a seguito di interrogazioni parlamentari e segnalazioni fatte da parte di cittadini svegli.

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In Italia saranno ammessi rapporti intimi in carcere ma solo con la porta aperta e per massimo due ore

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Il diritto alla sessualità entra in carcere. A distanza di oltre un anno dalla pronuncia della Consulta, arriva il primo concreto segnale dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Dap, che apre definitivamente la strada alla possibilità di concedere colloqui intimi dietro le sbarre. «Un vero e proprio diritto soggettivo» del detenuto – secondo i giudici – che ora è consentito e stabilito dalle linee guida diffuse dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

Ad usufruire di questo tipo di incontri potranno essere soltanto il coniuge o la persona stabilmente convivente del detenuto, in diversi casi anche più di una volta al mese. I numeri dei colloqui potranno sostituire gli stessi di quelli visivi periodicamente concessi e dureranno al massimo due ore.

La priorità sarà data ai detenuti che non hanno permessi premio, né altri benefici penitenziari che consentano di coltivare i rapporti affettivi all’esterno. Inoltre, in questo senso saranno privilegiati i detenuti, compresi gli imputati, che a parità di condizioni con altri devono espiare pene più lunghe e che sono in stato di privazione della libertà da più tempo.

La camera degli incontri, arredata con un letto e servizi igienici e senza la possibilità di chiusura dall’interno, sarà sorvegliata soltanto all’esterno dal personale di Polizia penitenziaria adeguatamente equipaggiato per il controllo dei detenuti e delle persone ammesse ai colloqui intimi.

La scelta ha però avuto anche dei risvolti negativi, in particolare c’è stata una dura presa di posizione del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, l’organizzazione più rappresentativa del Corpo, che in una nota inviata ai vertici del Ministero della Giustizia ha dichiarato: “Non possiamo tollerare che la dignità professionale dei poliziotti penitenziari venga svilita fino al punto da renderli, di fatto, custodi dell’intimità altrui. Noi non ci siamo arruolati per diventare “guardoni di Stato”, né accetteremo che tale ruolo improprio venga normalizzato per l’assenza di un progetto credibile, serio e sostenibile.”

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Donazione degli organi, sono sempre più in aumento le persone che si rifiutano

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L’11 aprile scorso si è celebrata la Giornata Nazionale per la Donazione e il Trapianto di Organi e Tessuti, un’occasione fondamentale per riflettere sul valore di un gesto che può salvare fino a sette vite.

Ma nonostante l’importanza di questa scelta, il trend preoccupa: nei primi tre mesi del 2025 il 40% di 950mila persone che hanno rinnovato la carta d’identità si è esplicitamente opposto alla donazione degli organi. È la percentuale più alta segnalata negli ultimi dieci anni, da quando vengono raccolti i dati delle dichiarazioni di volontà sottoposte alle persone al momento del rinnovo dei documenti.

Il centro nazionale trapianti, che coordina la distribuzione degli organi donati in tutti gli ospedali italiani in seguito alla morte di una persona, giudica questo andamento molto preoccupante perché a un aumento delle opposizioni corrisponde una minore possibilità di salvare migliaia di persone in attesa di un organo.

Grazie al consenso, lo scorso anno 1.730 persone hanno donato i loro organi contribuendo a 4.602 trapianti, perché un solo donatore può aiutare fino a sette persone, che diventano addirittura nove se polmoni e fegato vengono suddivisi tra più riceventi con la tecnica split.

I più propensi davanti all’ipotesi di donare gli organi dopo la morte sono i 40-50enni, i più dubbiosi sono soprattutto gli over 60, ma anche i 18-30enni, tra i quali le opposizioni sono passate dal 33,6% del 2024 al 37,9% del primo trimestre 2025.

Alla base ci sono spesso paura, mancanza di informazione o scarsa consapevolezza. Eppure donare è semplice, sicuro, e può fare la differenza tra la vita e la morte per migliaia di pazienti in lista d’attesa.

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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